Padri all’asilo (da una ricerca sul campo)

IL PADRE PUNTIGLIOSO – Ha un unico obbiettivo cristallino: cagare il cazzo. Lo fa ogni volta che può, sfruttando a suo favore qualunque occasione, senza mai lasciarsi sfuggire nulla. Il suo habitat naturale è la chat dei genitori, dove furoreggia. Risponde a ogni singolo intervento. A. Ogni. Singolo. Intervento.
Spesso è un grammar nazi all’ultimo stadio. Conclude ogni messaggio whatsapp con un punto e pretende che gli altri facciano lo stesso. Lo schifano tutti. Durante la recita di Natale, viene attirato con l’inganno dentro una sgabuzzino e riempito di sacrosante mazzate.

IL PADRE BOYSCOUT – Lo riconosci subito perché indossa jeans e scarpe da trekking. In estate, porta anche un cappello da cowboy. È sempre il primo ad arrivare e l’ultimo ad andarsene. Preme affinché qualunque gita si concluda in un bosco sperduto, privo di qualunque possibilità di sopravvivenza. I suoi figli sono costretti a orientarsi con una bussola e accendere un falò per riscaldarsi. Giunti a circa metà anno, i servizi sociali pongono fine alle loro sofferenze.

IL PADRE STRAFATTO – Quando lo vedi in piedi, a gambe larghe, che sorride e saluta i suoi gemelli, sembra un padre attento, un padre amorevole, un padre presente. Nulla lascia presagire che in realtà, non sta capendo un cazzo. Gli occhiali gli scavano gallerie nel cervello. Davanti a lui, un’enorme palpebra insanguinata si apre e si chiude, si apre e si chiude, si apre e si chiude. Il vento gli accarezza i capelli.

IL PADRE COLMO D’AMORE – Per lui il mondo è un’immensa discoteca dove passano Bob Sinclair a palla. E ogni donna – va da sé – è una cubista che gli sculetta sulla testa.
Non fa altro che pensare: «Te chiavass’». Chiede lumi sull’orario e pensa: «Te chiavass’». Legge i messaggi sulla chat dei genitori, ingrandisce le foto e pensa: «Te chiavass’». Osserva le bidelle che puliscono il corridoio e pensa: «Te chiavass’». La sua vita è un inferno.

IL PADRE NERD – Le magliette che indossa hanno tutte la stessa caratteristica: sono simpatiche a trent’anni, terrificanti a quaranta, raccapriccianti a cinquanta. Sono nere con un disegno al centro. Star Trek. Chewbecca. Gli Eagles. I Dream Theater. Hello Spank.
Trascura completamente i suoi figli per rinchiudersi nel suo garage a “lavorare” a giochi di ruolo o minuziose ricostruzioni di battaglie storiche. Ama alla follia i lego.

IL PADRE IN FUGA – È sempre di fretta, sempre al telefono, sempre indaffarato. Fa in modo che tutti capiscano al volo che, per lui, i figli sono soltanto un impaccio, qualcosa da depositare a scuola in modo da liberare tempo per progetti entusiasmanti e, soprattutto, remunerativi.
Intorno al terzo mese di scuola, viene a galla la verità: è un disoccupato, la moglie lo mantiene, i suoi progetti non sono altro che idee sgangherate e all’altro capo del telefono non c’è mai nessuno ad ascoltarle, solo un desolante silenzio.

IL PADRE JOVANOTTI – Arriva a scuola in bici e ogni volta, ogni volta, fa notare la sua presenza con un agghiacciante scampanellìo. Alla bici è attaccato un carello. Dentro quel carrello ci sono i suoi figli.
Una volta sceso a terra, si vanta di aver attraversato la mongolia a cavallo, percorso tutta la muraglia cinese in skate, attraversato lo stretto a nuoto. Come se non bastasse, si dilunga spesso in dettagli presi a casaccio da religioni sconosciute ed è ossessionato dal mare che chiama: “Grande madre”.
Se ne va scampanellando, per poi posare bici e carello nell’auto che ha posteggiato di nascosto a circa duecento metri dalla scuola.

IL PADRE SINDACALISTA – Data la sua esperienza, gli basta un colpo d’occhio il primo giorno di scuola per notare tutte le mancanze della scuola in termini di strutture, sicurezza, diritti dei lavoratori, qualità dell’insegnamento.
Tuttavia non ne parla con nessuno, tiene tutto per sé. Intorno alla terza settimana di scuola compila un dossier molto minuzioso all’interno del quale a ciascuna di quelle mancanze viene dato un peso e un prezzo. Trascorre tutto il resto dell’anno, negoziando instancabilmente con la dirigenza per qualunque cosa. Naturalmente cura sempre e soltanto il proprio tornaconto personale. È l’unico, oltre il capo bidello, a cui è consentito posteggiare direttamente nel cortile della scuola.

IL PADRE SORDO – I figli lo assillano con continue richieste e pianti isterici, ma lui, serafico, continua a fare quello che stava facendo, senza badare a loro, come se nulla fosse. Non si scompone mai. Sorride sempre in maniera inquietante.

IL PADRE SOCIOPATICO – Non parla con nessuno, non solidarizza con nessuno, nessuno sa che voce abbia. Accompagna i bambini e si mette in un angolo a guardarli mentre le maestre li accompagnano in classe. All’uscita, lo ritrovi fermo nello stesso posto. Alcuni sospettano che sia rimasto lì per tutto il tempo.
Alle riunioni con i genitori, si limita a masticare convulsamente un rametto di liquirizia e sgranare gli occhi ogni volta che una maestra prova a parlare con lui.
È decisamente il mio padre preferito.

IL PADRE OSSESSIVO – Ha un’unica missione, mantenere il controllo. Compila febbrilmente excel su qualunque aspetto della scolarizzazione dei propri e soprattutto altrui figli. Sa esattamente quanti giorni sono trascorsi dall’inizio dell’anno e la percentuale di assenze di ciascuno alunno. Assilla le maestre quotidianamente a tutte le ore del giorno e della notte. Nei fine settimane, invia mail di fuoco al provveditorato.
I suoi figli cominciano a drogarsi già alle materne. Morirà solo, lontano da tutti.

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