E poi il pane

Lancio uno sguardo sconsolato al bancone: pizze al taglio, pizze fritte, pizzette, cipolline, cartocciate, patè, bombette, bombe, bolognesi, grissini di ogni ordine e grado, pane condito, mignon, biscotti al burro, biscotti al latte, biscotti al latte e al burro, occhi di bue, iris, cornetti artigianali, raviole, brioche col giummo, ibridi mostruosi di tutte queste cose mescolate assieme, scacce, scacce fin dove arriva lo sguardo, praterie di scacce.
E poi il pane.

Pur se protetto in parte dalla mascherina, sento comunque il loro canto, arriva seducente fino a me, mi stordisce. «Daniele», cantano, «Daniele…». Disperato, mi concentro sul mio obbiettivo. Dal profondo della coscienza, emerge il volto di Vale. “Devi solo comprare solo una coppia di gemellini. Mi raccomando, sei a dieta”. Ordino ai miei uomini di legarmi all’albero più alto della nostra nave. Mi turo le orecchie con della cera. Urlo al mio nocchiero: «A babordo, presto, a babordo!». Il cielo sopra la mia testa di riempie di nuvole cariche di pioggia.

Quando riapro gli occhi sono ancora desolatamente in fila.
Una cipollina mi fissa con sguardo complice. «Lo so che sei al tuo sesto giorno di dieta, ma che vuoi che sia mai una piccola scappatella».
«Ma… ma… ho promesso a Vale di…»
«Eh, promesse, promesse, promesse. Pensi che non ti abbia visto ieri? Ti eri rintanato in bagno, guardando “Camionisti in trattoria” come se fosse youporn, sbavavi, grugnivi, eri patetico. Accetta la verità. Sei un grassone buontempone, nulla potrà cambiare ciò che sei».
Urlo mentalmente: «Non mi avrai!».

Nel tentativo di distrarmi, inizio ad armeggiare col cellulare.
Mando un messaggio a Vale.
“E se stessimo sbagliando tutto?”.
Più che un messaggio è un’accorata richiesta d’aiuto.
Lei risponde: “Smettila. LIMITATI A COMPRARE SOLO DUE GEMELLINI PER I BAMBINI”.

Torno sconsolato a guardare il bancone.

E poi lo sento.
Un tizio sulla trentina, capello brizzolato, camicetta sagomata, mocassino.
«Mi dia quello che le pare. Ho comprato della mortadella. Per me rosette, mafaldine, schiacciatelle non fa differenza, sono tutte uguali».
Lo afferro per il bavero.
«Ma chi è che sta parlando? Rosette, mafaldine, sono tutte uguali. Ma dove siamo? In un panificio del settentrione? Dove siamo? In un panificio del settentrione?»
Qualcuno mi strattona: «Avanti su, non esageriamo»
Incurante continuo a urlare: «DOVE SIAMO? In un panificio del settentrione?»
Delle braccia mi trascinano a forza verso l’esterno, mi buttano fuori.
Cado per terra. Mi rialzo di scatto: «Ve lo meritate, il settentrione! Ve lo meritate!»
Si crea un piccolo capannello di gente.

Il panettiere esce sbuffando. Mi porge una busta di carta contenente la mia coppia di gemellini.
«Non può fare così ogni giorno. Sta terrorizzando i MIEI clienti. Se questa storia non finisce presto, sarò costretto a pregarla di non venire più».

Afferro la busta col pane, cercando di riacquistare un minimo di contegno.
Il panettiere mi fissa in cagnesco. Enormi occhi azzurri colmi di disapprovazione. Lascio perdere ogni velleità di contatto fisico. Mi riempirebbe di mazzate, senza lasciarmi nemmeno l’onore delle armi.
Mi allontano mormorando: «No. Non è un panificio del settentrione. Maledizione. Non è un panificio del settentrione».

Domani entro nel mio settimo giorno di dieta.

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